La caduta di Roger Rivière
BDC-MAG.COM - 26/02/2020
Figlio di un cromatore di biciclette di Saint-Étienne, Roger Rivière (nato nel 1936), si era appassionato di ciclismo sin da bambino, collezionando le figurine dei campioni. A 10 anni riceve in regalo la prima bici e subito si iscrive ad un club ciclistico locale cominciando a gareggiare. A 16 anni, ottenuto un diploma professionale di meccanico di precisione, diventa amateur (categoria ciclistica francese) e si dedica al ciclismo, pur lavorando a turni come attrezzista.
Rivière è un appassionato di ciclismo, non solo un ciclista. Fosse vissuto ai nostri tempi sarebbe stato un fan sfegatato di Strava: praticamente ogni giorno scalava in bici il Col de la Republique la mattina, per poi allenarsi su pista il pomeriggio. I risultati non si fanno attendere, già dal 1952 arrivano le vittorie di un certo prestigio, almeno localmente. Nel 1955 arriva 2° ai campionati nazionali di inseguimento su pista. Risultato che gli vale un ingaggio di 15.000 franchi per un “duello” tra stradisti e pistard al Parco dei Principi, nel quale si scontra con star come Jacques Anquetil e André Darrigade. Nel 1956 vince il titolo nazionali amatori di inseguimento su pista e decide di passare al professionismo a tempo pieno.
Passa professionista nella St.Raphael-Geminiani e nel maggio di quell’anno vince il titolo di inseguimento su pista, questa volta tra i professionisti, battendo in finale Anquetil. L’agosto successivo diventa campione del mondo della stessa specialità ai campionati tenuti in Belgio.
Il 18 settembre sbarca al Vigorelli di Milano per tentare di battere il record dell’ora detenuto da Ercole Baldini. A bordo pista ad incoraggiarlo c’è il vecchio detentore del record, Fausto Coppi. Con 46,923 km batte il record di Baldini di 530 mt.
Questo exploit lo proietta tra le star del ciclismo, fatto sancito dall’invito ad un evento a fine Dicembre: “il match tra i 3 recordmen dell’ora”, una gara di omnium tra lui, Coppi e Anquetil. Rivière vince.
Ne 1958 gli tocca andare in Algeria per la guerra. Torna con 6kg in più e senza allenamento e ci mette un po’ a ritrovare la forma, ma ai campionati del mondo su pista a Parigi si conferma oro davanti gli italiani Leandro Faggin e Franco Gandini. Nell’occasione è il primo corridore della storia a superare i 50km/h di media nella prova. Nel 1959 vincerà il terzo titolo mondiale consecutivo.
Il 23 settembre si lancia in un nuovo tentativo di record dell’ora, che, nonostante un cambio bici a metà, per cui perde 22″, batte con la distanza di 47,346km. Soddisfatto Rivière annuncia che la sua carriera da allora si svolgerà solo su strada. Si fa tentare però da un criterium su pista a novembre dove si aggancia con Anquetil e Ferdinando Terruzzi, con conseguente frattura di pube e bacino che lo obbligherà a 40 giorni di riposo a letto.
Nel 1959 si consacra alla strada, con risultati soddisfacenti, anche se senza vittorie di grande rilievo. Le possibilità le mette in mostra alla cronoscalata del Mont Faron, dove vince davanti uno specialista come Federico Bahamontes, a cui da più di 1 minuto. E ne rifila 3 a tale Charly Gaul. Conclude 6° la Vuelta España vinta da Antonio Suarez.
Corre anche il suo primo Tour de France inserito in una nazionale francese a quattro punte: lui, Anquetil, Geminiani e Bobet, ma i 4 non si amano e si corrono contro, tranne in un’occasione, alla 18^ tappa, tra Col de Lautaret e Aosta, dove Rivière e Anquetil non cooperano con Henri Anglade, allora 2° in generale, ma facente parte della squadra francese Centre-Midi, anzi, gli corrono contro per non farsi mettere in ombra, loro che sono le stelle della nazionale maggiore, in questo modo Federico Bahamontes, attardato, riuscirà a rientrare e regalare la prima vittoria al Tour alla Spagna. Rivière e Anquetil verranno fischiati all’arrivo al Parco dei Principi a Parigi.
Durante quel Tour, alla 13^tappa, Rivière ebbe una crisi dovuta al gran caldo. All’arrivo, il massaggiatore della nazionale francese Raymond Le Bert, fervente oppositore del doping, nota una traccia di iniezione su una gamba di Rivière e da allora si rifiuta di lavorare per lui.
La carriera di Rivière finisce il 10 luglio 1960, alla 14^ tappa del Tour e France, tra Millau e Avignone. In maglia gialla è Gastone Nencini, il leone del Mugello. Rivière è 2° a 1’38” dal toscano. Scollinano in testa al Col de Perjuret Louis Rostollan, Nencini e Rivière. Rivière sa che deve stare con Nencini, che da li in poi non avrà grandi occasioni per distanziarlo, e soprattutto, alla 19^ tappa ci sarà una cronometro di 83km. Il problema però è tenere la ruota di Nencini in discesa. Geminiani disse: “l’unica ragione per voler seguire Nencini in discesa è desiderare di morire“. Il Perjuret non è molto lungo, né molto ripido, ma molto sinuoso e con curve secche e strette.
Rivière in una curva perde il controllo della bici, si scontra con un muretto e vola fuori strada, cadendo 25mt più in basso sopra dei rami che ricoprivano il greto di un torrente. Rostollan sente il botto, si ferma, risale la strada ed allerta i soccorsi, dato che nessuno aveva visto la caduta. Fatto che probabilmente salverà la vita a Rivière. Rivière non riesce a muoversi, viene caricato su un’ambulanza e portato in una zona non coperta da vegetazione dove viene caricato su un elicottero e trasportato all’ospedale di Montpellier (elicottero che si posò su un campo di fagioli e venne quasi preso a fucilate dal contadino). Gli viene diagnosticata la frattura della 9^vertebra dorsale e della prima vertebra lombare.
Dopo mesi di rieducazione Rivière torna a camminare, ma con la mobilità delle gambe ridotta dal 10% al 20%. La sua carriera di ciclista è finita.
Rivière si interessa ad altri sport: partecipa al rally di Monte-Carlo in coppia con Geminiani nel 1962. Acquista un bar a St-Etienne, il Vigorelli, quindi un campeggio estivo in Francia, apre un concessionario Simca, quindi un altro bar a Ginevra ed una discoteca sempre a St-Etienne. Chiudono tutte per bancarotta, dato che Rivière non è capace di gestirli, e soprattutto ha sviluppato una dipendenza dal Palfium, un antidolorifico 5 volte più potente della morfina, che Rivière arriva ad assumere fino a 7 volte la dose giornaliera massima consentita. Nel 1967 viene processato assieme a 3 medici che gli hanno prescritto l’analgesico in violazione delle norme a riguardo (per ottenerlo legalmente ci vogliono due prescrizioni, di cui la seconda a scadenza di una settimana).
Nel 1972 viene coinvolto nel processo ad una gang di malfattori che avevano commesso una rapina alla stazione di Arles. Passa anche due giorni in prigione per essere interrogato. Alla fine viene condannato, ma messo in libertà per problemi di salute. Nell’appello successivo verrà prosciolto.
Nel 1975 si ammala di cancro alla laringe (effetto collaterale dell’abuso di Palfium) e perde la voce dopo l’asportazione di parte delle corde vocali. Viene anche sottoposto a chemioterapia, ma infine muore il 1° aprile 1976. A 40 anni.
Il caso di Rivière è stato per anni al centro delle polemiche sul doping, in quanto all’arrivo all’ospedale di Montpellier gli furono trovate nelle tasche della maglia delle pastiglie di amfetamine e di Palfium, che al contrario di quello che si disse poi, non era stato da lui usato per i dolori postumi dell’incidente, ma aveva già l’abitudine di usarlo in corsa. Il Palfium era utilizzato come oggi viene utilizzato il tramadolo. Lo stesso Rivière pare abbia confessato in privato che nella famosa discesa non sentiva più le dita delle mani e non era riuscito a frenare.
Il CT della nazionale francese, Marcel Bidot, dopo la morte di Rivière, confessò di sentirsi in colpa “per aver chiuso gli occhi” sugli abusi di Rivière, soprattutto la sua connessione con Julien Schramm, massaggiatore noto per essere un procacciatore di dopanti.
Rivière, come Anquetil, fu sempre apertamente favorevole all’uso di doping, che considerava parte integrante del mestiere di ciclista. Ne ammise apertamente l’uso in occasione del record dell’ora del 1958 (amfetamine).
Il suo caso portò però ad una presa di coscienza dei rischi legati all’uso delle amfetamine, fino ad allora sconosciuti, sottovalutati o ignorati, e nel 1965 vennero promulgate le prime leggi antidoping.
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