Alfredo Chinetti e il rispetto dei ruoli


Tuttobici Numero: 3 Anno: 2006

di Gino Sala

Sicuro che nel ciclismo di oggi Alfredo Chinetti sarebbe uno dei corridori ben pagati per la sua potenzialità, che andava oltre a quella di un ottimo gregario. Professionista dal 1974 al 1985, il lombardo di Premezzo di Cavaria (Varese) ha ottenuto sette vittorie e un buon numero di piazzamenti tra i quali figurano un secondo posto e due terzi nel Giro di Lombardia. Di lui si può ben dire che molto ha dato e poco ha ottenuto. Si dice anche che, creando un buco nella discesa del Poggio, abbia permesso a Francesco Moser di aggiudicarsi la Milano-Sanremo del 1984. Interpellato su questa vicenda Alfredo non smentisce e nemmeno conferma. 

«Sorvoliamo. È passato tanto tempo...», mi ha confidato in un recente colloquio. Bel tipo, 1,74 di altezza e 68 chili di peso, ha smesso di pedalare con un gruzzolo di soldi che gli ha permesso di farsi una casa. Poi è entrato in una banca. Sposato con due figli, una femmina e un maschio. Rimpianti?, gli ho chiesto. Risposta: «Il ciclismo è uno sport che ti porta in molte parti dell'universo e non è cosa da poco. Rimane in me il rammarico di non aver osato di più. D'altra parte, quando la tua qualifica è quella di fiancheggiare il capitano, è d'obbligo rimanere fedeli al tuo compito. Prendo ad esempio il campionato del mondo di Goodwood 1982, quello vinto da Saronni. Nel finale ero in fuga con De Rooy e se non avessi rispettato il gioco di squadra sarebbe stata una conclusione a due e chissà... L'indomani mi sono trovato con un 10 in pagella e basta...».

È noto e arcinoto che il ciclismo dei tempi di Chinetti era diverso da quello dei nostri giorni. Era costituito da gregari solidi e rispettosi del compito loro assegnato da marzo a ottobre. Adesso in un contesto di gare più numerose, ma il più delle volte meno impegnative, meno lunghe di 40-50 chilometri, molti, tanti hanno possibilità di cogliere il bersaglio. Insomma, tutto sommato un pedalatore con le qualità di Chinetti avrebbe modo di distinguersi e di ottenere uno stipendio elevato, di gran lunga superiore a quelli di una volta. Intendiamoci: non è che siano tutte rose e fiori nel movimento odierno, anzi esistono disparità vergognose, situazioni in cui chi vuole entrare nella massima categoria deve portarsi dietro uno sponsor. Si aprono le porte a ragazzi di scarse qualità, viene permesso a manager per niente scrupolosi di arricchirsi a spese di Tizio, Caio e Sempronio e voglio augurarmi che qualcuno, a cominciare da Renato di Rocco, dal presidente della nostra Federciclo, metta fine ad uno sporco mercato.

Eh, sì: è una falsa ricchezza quella di un ciclismo che si è messo la cravatta accantonando molti dei suoi valori. Se non altro Chinetti ha vissuto periodi migliori, dove per essere gregari di Merckx (come lui è stato) bisognava possedere doti notevoli. E pazienza se tirando le somme Alfredo ha più di un motivo per sentirsi in credito. Dunque, un uomo che merita riconoscenza e stima per il suo comportamento.

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