Patrizia Tacchella riabbraccia il suo liberatore



di Manuela Trevisani
L'Arena, 6 novembre 2015

Come quella sera di venticinque anni fa. Tutti in trepidante attesa di lei. Patrizia Tacchella, la bambina di otto anni rapita il 30 gennaio 1990 a Stallavena di Grezzana e liberata il 17 aprile successivo.

Il circolo ufficiali di Castelvecchio, gremito di uomini dell'Arma, giornalisti e protagonisti di una delle pagine più intense della cronaca nera veronese, l'ha aspettata impaziente.

E lei, come venticinque anni fa, non ha tradito le aspettative. È arrivata, stavolta sotto braccio del padre Imerio, patron dell'azienda Carrera Jeans. Agitata, commossa al punto da non riuscire a proferir parola. I suoi occhi, come venticinque anni fa, nascosti dietro la montatura degli occhiali, ma visibilmente pieni di emozione. Perché ieri sera si è chiuso il cerchio di quel rapimento.

Patrizia, oggi madre trentaquattrenne, ha incontrato il Comandante Alfa, il capitano del Gruppo di intervento speciale dell'Arma dei carabinieri (GIS), che ha partecipato alla sua liberazione. Un momento riservato, al riparo dai flash dei fotografi, durato una manciata di minuti.

Patrizia e il Comandante Alfa, coperto in volto dal mefisto, il passamontagna che lascia scoperti solo gli occhi, non hanno saputo trattenere l'emozione ed entrambi si sono messi a piangere.

Il Comandante Alfa ha ricordato «quegli ottanta giorni» di prigionia e Patrizia è stata ben attenta a correggerlo: «Settantanove». Settantanove giorni di appelli ai rapitori lanciati a mezzo stampa e tramite la televisione, di lettere e cartoline disegnate dai bambini in segno di solidarietà per Patrizia: mesi interminabili in cui l'Italia intera è rimasta con il fiato sospeso.

«L'avrei riconosciuta anche in mezzo a un milione di persone», ha rivelato poi il capitano. «Prima ho provato a chiederle di darmi del “tu”, perché ho una figlia della sua stessa età, ma non c'è stato verso».

Cinque minuti di tempo per tornare indietro a quel giorno. «Temevo avesse paura di quei brutti ricordi e l'ho ringraziata di essere venuta: pensavo che non si sarebbe mai avverato il sogno di incontrarla, invece oggi sono un uomo felice».

Ieri sera, intervistato da Francesco Prando, ex caporedattore de L'Arena che si era occupato allora del caso, il Comandante Alfa ha presentato il suo libro Cuore di rondine, pubblicato da Longanesi, in cui racconta cosa significa fare parte del GIS.

«Pochi attimi prima degli interventi, ci guardiamo negli occhi e si scruta la paura, come è avvenuto anche il giorno della liberazione di Patrizia», ha rivelato il Comandante Alfa.

«Quando finalmente siamo riusciti a entrare nella casa dov'era tenuta segretata e a trovarla, l'ho subito abbracciata per difenderla con il mio corpo: era come se fosse figlia nostra, l'avevamo adottata e dovevamo liberarla a tutti i costi».

Il capitano ha colto l'occasione per ringraziare gli investigatori, a cominciare dall'ex comandante del ROS, Giampaolo Ganzer, che riuscirono a risalire ai rapitori: una banda composta da tre piccoli imprenditori piemontesi che, si scoprì solo in seguito, avevano già messo a segno altri sequestri di persona.

Un sentito ringraziamento è arrivato anche dal padre di Patrizia, Imerio. «Dopo venticinque anni sono emozionato anch'io: abbracciare la persona che mi ha riportato mia figlia non è semplice», ha commentato Tacchella.

«Oggi voglio tornare a ringraziare le forze dell'ordine, Verona e tutta l'Italia, perché la solidarietà arrivata ci è stata di grande aiuto».

Il padre di Patrizia ha ricordato anche il giorno dell'incontro a Roma con papa Giovanni Paolo II. Il Papa mi disse: “Troppo spesso in Italia succedono queste cose”, riferendosi ai rapimenti», ha raccontato Imerio. «Dobbiamo essere orgogliosi e fieri di questi uomini, che hanno tolto questa piaga dal Paese. Altro non posso aggiungere, se non un grazie».

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