HOOPS MEMORIES - Gli sfasciatabelloni: o la va o si spacca

Se uno pensa a un mucchio di vetri di un tabellone infranto, e i pezzi sparsi dappertutto, è l’incontenibile Darryl Dawkins che viene subito in mente. Quando giocava a Philadelphia, nel 1979, Dawkins frantumò due tabelloni in meno di un mese.

La sua prima “vittima” fu una tabella del Municipal Auditorium di Kansas City, e molte altre ne sarebbero seguite. A preservare per l’eternità quelle esplosioni – alla lettera – di potenza dell’incontenibile Darryl, ci avrebbe pensato lui stesso, magari ricorrendo a espressioni a volte di difficile traduzione come Chocolate-Thunder-Flying (il tuono volante di cioccolata), Robinzine-Crying (il lamento di Robinzine), Teeth-Shaking (sbattidenti), Glass-Breaking (spaccatabelloni), Rump-Roasting (ehm... fondoschiena arrostito!), Bun-Toasting (pane tostato – mah!, nda), Wham-Bam (più meno, il nostro "quattro e quattr’otto"), Glass-Breaker-I-Am Jam ('Il rompivetri son mi’, che in inglese - sic -  fa rima).

Nell’occasione, la partita subì un ritardo di un’ora e dieci minuti per permettere agli addetti alla manutenzione di raccogliere i frammenti di vetro arrivati fino a metà campo, e di provvederne alla sostituzione recuperando chissà dove un vecchio canestro.

I tabelloni fatti scoppiare da Dawkins portarono all’impiego del moderno anello sganciabile: quando sul ferro c’è troppa pressione, scatta un meccanismo che lo fa sganciare verso il basso e così il tabellone non si spacca. Il commissioner della NBA dell’epoca, Larry O’Brien, istituì rigidi provvedimenti disciplinari per i futuri “colpevoli”: secondo la gravità dell’infrazione, una multa, un fallo tecnico, l’espulsione dalla gara e la squalifica per la partita successiva.

Oggi, grazie alla diffusione degli highlights della NBA da parte delle emittenti Tv americane ed europee, Dawkins è per antonomasia l’uomo che faceva esplodere i tabelloni. Ma il buon Darryl può vantare illustri predecessori.

Negli anni ’60 i Baltimore Bullets avevano un’ala di nome Gus Johnson capace di volare a quote siderali. Johnson fu il primo ad introdurre quelle vorticose schiacciate che “Dr. J”, al secolo Julius Erving, avrebbe poi consegnato all’immortalità come suo più autentico marchio di fabbrica. Dick Motta, veterano coach NBA, una volta disse: “Gus Johnson era già “Dr. J” prima ancora che Julius avesse mai pensato di esserlo”.

Da rookie, nel 1963, Johnson fracassò un tabellone in una partita a Oakland, poi ripeté l’impresa a St. Louis nel 1965 e a Milwaukee nel 1971.

Ma neanche Johnson fu il primo degli spaccatabelloni. Quell’“onore” non spetta ad altri che a Chuck Connors (il protagonista di “the Rifleman”, la Carabina umana della nota serie televisiva statunitense, nda). 1.99 uscito da Seton Hall nel 1946, Connors era al suo secondo anno da pro e giocava nei Boston Celtics. La sera in cui i biancoverdi inaugurarono a livello pro la Boston Arena affrontando i Chicago Stags, durante il riscaldamento Connors si librò in volo per un layup e si attaccò all’anello, che venne giù. Il vetro del tabellone si spezzò in migliaia di pezzi e per sostituirlo ci vollero un paio d’ore, perché toccò andare a prenderne una dal Boston Garden, dall’altra parte della città.

La carriera NBA di Connors durò solo 67 gare, distribuite nell’arco di tre stagioni nelle quali ebbe di media solo 4 punti a partita. Chuck rivolse poi le sue attenzioni al baseball e anche là giocò esattamente 67 partite. Come prima base dei Dodgers del 1949 e dei Chicago Cubs del 1951, Connors batté con una media del 23.8%, con 2 fuoricampo in 201 battute. In seguito Chuck andò incontro a maggior fama e fortuna a Hollywood, ma perlomeno negli effetti speciali una spiccata propensione aveva già dimostrato di averla: era stato il primo spaccatabelloni del basket pro'.

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