HOOPS MEMORIES - ABL, nata per soffrire


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di CHRISTIAN GIORDANO©
Rainbow Sports Books©

Tanto per non essere confusa con la ABA (fusasi nel 1976 con la NBA) o con la American Basketball League originale dei lontani anni Venti, la ABL degli anni Sessanta non ebbe un grande impatto nel mondo del basket professionistico.

La lega fu fondata dal proprietario degli Harlem Globetrotters Abe Saperstein, che ce l’aveva con i proprietari della NBA perché gli era stata negata una franchigia a Los Angeles prima ancora che Bob Short vi trasferisse i Minneapolis Lakers.

La NBA a otto squadre stava andando bene, e Saperstein era convinto che in molte altre città ci potesse essere spazio per il basket professionistico. In vista della stagione 1961-62 formò così un’altra lega, anch'essa di otto squadre, sfidando però faccia a faccia la NBA solo a Chicago e a Los Angeles.

Le altre città sedi di franchigie ABL erano Kansas City, Cleveland, Pittsburgh, San Francisco, Washington e Honolulu (!). La nuova lega aveva però qualche problema nell’attirare i grossi nomi delle panchine. L’ex All-Star NBA Bill Sharman fece da apripista andando ad allenare i Los Angeles Jets prima di essere seguito, nella carriera di coach a livello pro, dagli ex giocatori NBA Jack McMahon, Neil Johnston e Andy Phillip, e dai celebrati allenatori di college Phil Woolpert (ex University of San Francisco) e John McLendon (ex Tennessee State).

Attirare giocatori di qualità era un altro paio di maniche. La NBA dalla sua parte aveva davvero tutto: soldi, un comprovato record di stabilità, dignità tecnica e così per la nuova lega fu già tanto riuscire a convincere un manipolo di giocatori NBA a spiccare il salto nel buio del nuovo campionato. Quei pochi che decisero di farlo non furono, ovviamente, i nomi di grido. Il più famoso era la guardia Dick Barnett, che era passato a Cleveland dai Syracuse Nats della NBA soprattutto per ricongiungersi col suo vecchio coach di college John McLendon.

La nuova lega i giocatori NBA non la consideravano nemmeno, e ci poteva stare, ma il brutto segno, per Saperstein e soci, era il fatto che neanche le migliori star del college ne fossero interessate, se non quando c’era da agitare lo spauracchio ABL per giocare al rialzo e strappare più soldi alle squadre NBA che li avevano scelti al draft. L’unica eccezione fu l’ala Bill Bridges di Kansas, che firmò con Kansas City anziché con i St. Louis Hawks della NBA. Per il resto, ciccia

Bridges vinse la classifica dei rimbalzi e con 55 punti stabilì il record ABL di segnature in una partita. Guidò anche i Kansas City Steers alle finali, dove però dovettero cedere il passo ai Cleveland Pipers. Nella quinta e decisiva partita, Dick Barnett di Cleveland segnò 26 punti davanti ad un pubblico di appena 3000 persone. Quella sarebbe stata l’unica serie che valeva il campionato per la ABL, perché la nuova lega non riuscì a concludere la sua seconda stagione.

Il 31 dicembre 1962 il commissioner Saperstein decise di chiudere i battenti, ammettendo che più di un club era costretto a lavorare in nero. Saperstein proclamò campioni i Kansas City Steers, che con un record di 22-9 erano in quel momento primi in classifica. Ma se quel primo campionato più uno spezzone del secondo sarebbero stati presto dimenticati, la ABL lasciò una eredità di cui godiamo ancora oggi: il tiro da tre punti, sempre impiegato nella stagione e mezza di esistenza di quella sfortunata lega.

Quando nel 1967 fu formata la ABA si decise di riesumarlo, ma era stata un’invenzione della ABL, una lega che per il resto aveva fatto ben poco per essere ricordata.

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