HOOPS MEMORIES - Al Attles, duro da morire



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di CHRISTIAN GIORDANO ©
Rainbow Sports Books ©

Una delle migliori guardie difensive di sempre, Alvin (Al) Attles, nonostante la mini-stazza (1,82 x 83 kg), sapeva svolgere un superbo lavoro di contenimento sulle più forti shooting guard avversarie. Una di queste, l’Hall-of-Famer Lanny Wilkens, una volta gli fece il quadretto: «Al non è che giocava sporco, ma ti stava sempre addosso come un guanto». Un Gary Payton ante litteram, insomma. 

Attles ha giocato nei Warriors della NBA per undici anni, pur essendo un marcatore tutt’altro che eccelso (11 punti a partita in carriera). Ma se ci è riuscito è perché recuperava molti più palloni di quanti ne perdeva, perché non danneggiava la squadra prendendosi brutti tiri e perché era bravo a smarcarsi velocemente per ricevere palla in attacco. E poi era senza eguali negli aspetti più ruvidi del gioco, il cosiddetto lavoro sporco.

In campo Attles faceva paura, e incurante della differenza in chili e centimetri, andava fiero del ruolo di mastino. E del soprannome: The Destroyer, come la leggenda dei playground newyorchesi Joe Hammond, per l’indomita capacità di restituire colpo su colpo.

Al era un lottatore implacabile e per Tom Meschery, altro tipino tosto e suo compagno ai Warriors, era il «combattente più duro mai visto nella lega». Lo stesso Meschery se la sarebbe vista brutta se in un’occasione non fosse intervenuto Attles, che lo difese tenendo a freno un furibondo Wayne Embry, una montagna d’uomo da 2,02 x 115 kg.

Negli anni Sessanta, la NBA era fatta di appena nove squadre, il che facilitava la nascita e il consolidamento di profonde rivalità. In più, all’epoca gli scontri in campo erano molto più tollerati. Anche per questi fattori alcune sue epiche battaglie contro avversari più grandi e più grossi di lui assursero a leggenda.

Una volta, lottando sotto canestro Zelmo Beaty, 2,04 di St Louis, mollò un pugno al solito Meschery: non l’avesse mai fatto. Attese, che si trovava nei pressi della lunetta, partì alla carica in difesa del compagno, si abbassò con la spalla e con uno spintone fece volare Beaty sulle poltroncine a bordocampo. Poi i due si azzuffarono in mezzo agli atterriti spettatori.

Il suo più memorabile “incontro” Attles lo tenne nel 1963 al Madison Suqre Garden di New York contro il 2,02 Bob Ferry dei Pistons. i due si scontrarono inseguendo una palla vagante, Al prima si liberò di lui sollevandolo fin sopra la testa e poi gli saltò addosso. E prima ancora che sulla scena arrivassero gli altri giocatori, Al cominciò a prendere a pugni Ferry senza pietà. Anche Wilt Chamberlain, centro dei Warriors, si fece coinvolgere nel parapiglia, gettò Bailey Howell dall’altra parte del campo e gettò il sottopiedi Walter Dukes sulle prime file della tribuna, poi si diresse verso Attles. Intanto Earl Lloyd, assistente allenatore di Detroit e lui pure non proprio un fuscello, tentava senza successo di tirar via Attles. Quando Chamberlain arrivò sollevò Attles e se lo portò via di peso. 

Una mossa che Wilt avrebbe poi spiegato così: «Dovevo portar via il mio Al prima uccidesse Ferry». La mega-rissa durò oltre un minuto e si chiuse con l’espulsione di Attles, che nel lasciare il campo fu aspramente rimproverato dalla madre, venuta apposta dal New Jersey per assistere al doubleheader NBA. Una scena esilarante perché Big Mama Attles diede al figliolone più problemi di Ferry in una delle più leggendarie zuffe nella storia della lega. In seguito Ferry dichiarò che Attles non gli aveva poi fatto tutto ’sto gran male, ma forse il buon Bob era ancora troppo stordito per ricordarsene.

La reputazione di Attles era ben nota, ma di tanto in tanto c’era sempre qualche temerario o semplice masochista che voleva metterla alla prova. Una volta un cookie non la smetteva più di giocare sporco, e allora Al lo stese con un cazzotto: ko tecnico. Prima ancora che la sprovveduta matricola dei rimettesse in piedi l’arbitro gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio un consiglio disinteressato: «Resta giù, o potrebbe essere l’ultima colta che ti rialzi».

Oggi, con i rigidi provvedimenti disciplinari adottati dalla lega in tema di risse, chi potrà mai togliere ad Al Attles il titolo di cliente più scomodo mai visto sui parquet del basket pro’?

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