HOOPS MEMORIES - La striscia di Kareem, da qui all'eternità


All’inizio della stagione 1987-88, Kareem Abdul-Jabbar aveva già trascorso quattordici anni nella NBA alla non disprezzabile media di 25.9 punti a partita. E in quelle sue prime tredici stagioni era sempre stato il miglior cannoniere della sua squadra, continuando una striscia cominciata fin dalle elementari. Ma nel 1986-87, quella striscia si interruppe per merito di altri due Lakers, Magic Johnson e James Worthy.

Ancora aperta, però, ne rimaneva un’altra ancor più incredibile. Per dieci anni, Kareem aveva segnato almeno 10 punti in ogni partita, e a quarantun anni sembrava - sembrava! - voler saperne di smettere. Coach Pat Riley una volta si era sbilanciato arrivando a giurare che, finché in panchina fosse rimasto lui, quella striscia non si sarebbe interrotta.

Per una delle tante ironie che il Destino si concede, la striscia invece terminò dov'era cominciata, alla Milwaukee Arena. Il 18 ottobre 1977 Abdul-Jabbar aveva segnato due soli punti quando, dopo essere stato colpito da una gomitata allo stomaco, reagì furiosamente tirando un pugno in testa al centro dei Bucks Kent Benson. Nel colpirlo Kareem si fratturò la mano destra e così dovette saltare il resto di quell’incontro (di basket, non di boxe) e di diversi altri ancora. Una volta guarito, la striscia in doppia cifra sarebbe ricominciata.

Il 5 dicembre 1987, i Lakers campioni NBA in carica venivano da un periodo un po’ così in cui avevano perso tre delle ultime cinque partite. Abdul-Jabbar era il quinto realizzatore della squadra, e per due volte aveva segnato giusto 10 punti, il minimo per tenere viva la striscia in doppia cifra (e una volta gli era andata bene grazie a un supplementare). Ma quella sera non ci furono overtime a permettergli di prolungare la serie: i Lakers persero 85-83 e Kareem fu tenuto a 7 punti. Addio striscia.

Jabbar era andato oltre i dieci punti per 787 partite consecutive di regular season. La fine dell’incredibile filotto arrivò contro i centri dei Bucks Randy Breuer e Paul Mokeski, una coppia di “settepiedi” (2.12) che pure non era certo nell’élite dei big men della Lega. Il “33” dei Lakers si prese soltanto 10 tiri quella sera, infilandone tre: due sky hook (gancio cielo) e un layup in avvitamento oltre a un tiro libero. Nel quarto periodo, su cinque tiri ne aveva sbagliati quattro e si era visto strappare di mano il pallone proprio mentre stava saltando per effettuare un’altra conclusione.

Quando gli fu chiesto come si sentiva ad essere stato l’uomo che aveva fermato la striscia di Kareem, Breuer replicò scherzoso: “Non posso star qui ad aspettare che mi regalino il gioco del Trivial Pursuit e che mi venga posta questa domanda”. Ma i Lakers non avevano tanta voglia di scherzare.

Abdul-Jabbar lasciò in tutta fretta l’arena e senza neanche fare la doccia proprio per evitare i giornalisti, ma a un addetto stampa dei Bucks disse: “Doveva finire prima o poi, è la vita. Speravo solo che avremmo vinto”. Kareem l’aveva presa proprio male, ma Riley mise tutto sotto un’altra prospettiva: “Non la farei più grave di quello che è”, dichiarò. “Gli farei invece un brindisi per un’impresa che ha dell’incredibile. Quanti di noi segnano in doppia cifra in una qualsiasi gara nella vita?”.

E quanti di noi lo hanno fatto per 787 volte consecutive?

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