HOOPS MEMORIES - Ron Boone, scusate se resisto


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di CHRISTIAN GIORDANO ©
Rainbow Sports Books ©

Se è vero che la striscia di Randy Smith di 906 gare consecutive è il record NBA ufficiale, la striscia più lunga del basket pro appartiene invece a Ron Boone, che non saltò neanche una delle sue 1041 partite in carriera. Ma siccome oltre la metà di queste furono giocate nella ABA, l'impresa di Boone non viene riconosciuta nel record book di The League.

Ma quello potrebbe essere il solo posto in cui Boone non è ricordato come il campione più resistente di tutti i tempi. Ron afferma di non aver mai saltato una gara in vita sua sin dalla quarta classe quando a Omaha, nel Nebraska, prese in mano per la prima volta un pallone da basket. A Idaho State ebbe di media 20 punti a partita, ma essendo 1.87 non veniva considerato fra i prospetti migliori. Scelto all'ottavo giro del draft ABA 1968 dai Dallas Chaparrals e all'undicesimo di quello NBA da Phoenix, Boone firmò con i primi per 15.000 dollari, vi trascorse due stagioni e mezzo e poi, nel 1971, fu ceduto a Utah.

Boone era un'ottima guardia all-around, eccellente in difesa e con un buon tiro da fuori. Nel suo primo anno con loro guidò gli Stars al titolo ABA, un traguardo che spinse il general manager Vince Boryla a sbilanciarsi: secondo lui prendere Boone era stata "la miglior trade che avessi mai fatto". Una posizione condivisa anche dal coach di Utah Bill Sharman: "Con il suo arrivo ci ha permesso di vincere il campionato. Nei playoff giocava così duro che io lo chiamavo 'l'Al Attles della NBA'". Prendiamolo come un complimento.

La durezza era, in effetti, l'autentico marchio di fabbrica di Boone e il suo stile di gioco tutto fisico rendeva la sua striscia ancora più incredibile. Fanatico del restare in forma per tutta la stagione, Ron è sempre riuscito a evitare infortuni seri, non ha mai preso analgesici, e non è mai sceso in campo solo per raccattare una presenza che tenesse viva la serie di partite giocate consecutivamente. Come massima concessione, per due volte era rimasto in quintetto nonostante una spalla slogata. In uno di quei frangenti, dovette palleggiare esclusivamente con la sinistra perché la mano destra aveva una grave infezione causata dalla rissa di due sere prima. Nel 1978 invece aveva giocato per settimane con il naso rotto nascosto da una maschera protettiva.

Boone non se la passò tanto bene nei suoi otto anni di ABA. Per dirne una, alla Long Island Arena, dove i Nets giocavano le partite casalinghe, per raggiungere il parquet doveva attraversare la pista di hockey.

Com'era prevedibile la Lega fallì e dopo la fusione fra le quattro franchigie ABA rimaste e la NBA, Boone fu scelto da Kansas City nel dispersal draft. Due anni dopo fu ceduto ai Lakers, quindi agli Utah Jazz. Proprio lì Ron aveva vinto il suo unico campionato pro e i tifosi ne ricordavano le gesta compiute con gli Stars della ABA. Boone era talmente benvoluto che quando disputò la sua millesima partita consecutiva, fu nominato sindaco onorario di Salt Lake City.

Nel gennaio 1981 l'ormai trentaquattrenne Boone fu messo sul mercato, ma fino a quel momento aveva sempre giocato (52 presenze), segnando quasi 8 punti di media. La carriera del vero Iron Man del basket pro' si fermò lì, a 1044 partite consecutive. Che non saranno un record ufficiale NBA, ma sono sempre un signor traguardo. Per trovarne uno simile bisognava cambiare sport e Coach Sharman scelse il baseball: "Credo che l'impresa di Ron stia lassù, sullo stesso piano di quella di Lou Gherig".

Veder riconosciuti i propri meriti è invece un'altra cosa e in certi casi può essere utile prenderla con filosofia. Come fece Boone quando gli venne chiesto che cosa ne pensava del fatto che quelle 662 partite di ABA non gli sarebbero state riconosciute per il record book della NBA. La risposta, fornita a striscia ancora aperta, si commenta da sé: "Se scendi in campo per 82, 84 partite l'anno per dieci stagioni filate, non credo faccia molta differenza di che colore è il pallone da basket". Biancorossoblù ABA o arancio/marrone NBA per Boone pari erano. Per qualcun altro no.

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